Che cos’è l’anno liturgico lo sappiamo. Sapientemente elaborato dalla Chiesa – su progetto di Dio – è il compendio della nostra storia di salvezza, dall’attesa del Messia nel tempo fino all’attesa di Cristo nella gloria. Ma non tutti sanno che anche le famiglie religiose hanno un loro calendario liturgico – detto Proprium – che, a imitazione del fratello maggiore e universale, propone la storia dell’Ordine: fondatori e nascita del carisma, i grandi santi e quelli sconosciuti ai più, martiri e vergini, laici in qualche modo aggregati e, immancabile, la Madonna, venerata con uno o più titoli particolarmente cari all’Ordine stesso. Il Carmelo non sfugge a questa bella regola, e il suo calendario specifico è punteggiato di ricorrenze. Alcune popolari e condivise con la Chiesa universale, altre di nicchia ma molto amate nell’Ordine, altre ancora – facoltative – ignote talvolta persino a monache e frati…
A tale proposito un bel campionario ci viene offerto da questo mese di luglio che, quanto a liturgia, è senz’altro il più carmelitano dell’anno. Al centro del mese troneggia la solennità più importante dell’Ordine: la Madonna del Carmine, festeggiata, sia pure più in sordina, in tutta la Chiesa… e nelle sagre paesane (le fiere della nostra infanzia), dove – anche a motivo della bella stagione – sono per lo più Madonna del Carmine e Assunta che si spartiscono tra loro piazze e campanili. Intorno al Carmine si assiepano le Martiri di Compiègne (16 luglio), quelle di Spagna (24) e il Beato Tito Brandsma (27), tutte figure carmelitane andate incontro alla morte rispettivamente nella rivoluzione francese, nella guerra civile e nell’orrore del lager: e tutti hanno realizzato il grande sogno che Teresa d’Avila cullava fin da bambina, quello del martirio. Mentre l’altro sogno di Teresa – vivere nascosta nel Signore – fu realizzato dalla sua giovanissima omonima cilena Santa Teresa di Los Andes (13 luglio) che conquistò l’aureola appena ventenne, dopo neppure un anno di Carmelo. In questo affollato luglio compaiono anche due importanti pezzi di storia carmelitana: il profeta Elia (20) e il Beato Giovanni Soreth (24). Il primo – il Santo Padre Elia, come amiamo chiamarlo – è considerato nostro ispiratore; e difatti i quasi due millenni che lo separano dalla nascita canonica dell’Ordine non gli hanno impedito di possederne in nuce gli elementi fondanti del carisma: la vita solitaria e orante, l’amore per la Madonna da lui contemplata in una visione anticipatrice, la profonda unione con Dio. Il tutto, sullo sfondo del Monte Carmelo, in Palestina. Al Soreth invece sono attribuite l’organizzazione del Carmelo femminile (sec XV) e la diffusione dello scapolare: per noi, pietre miliari.
Da qualche anno poi questo luglio carmelitano si è arricchito di due bellissime figure di laici che testimoniano, al di là dell’appartenenza giuridica, la fecondità del carisma – come dire? – per semplice contagio: gli sposi Martin (giorno 12), genitori di Santa Teresina, e di altre tre Carmelitane.
Un po’ di disavventure liturgiche per l’altra «Madonna di luglio», Maria Madre della Divina Grazia, tradizionalmente festeggiata il giorno 23, come ottava del Carmine: alcuni ritocchi del calendario universale l’hanno costretta a peregrinare – come nella ricerca dell’alloggio a Betlemme! – da una data all’altra di luglio, fino a quando ha trovato una dimora stabile nel giorno 7.
Posto che gli altri mesi non sono altrettanto fitti di ricorrenze specifiche dell’Ordine, resta bello vedere come la nostra liturgia Carmelitana si incastra in quella universale. Non solo nel rispetto delle gerarchie: in caso di date sovrapposte, il proprium suole cedere il passo all’universale. Ma anche in una fruttuosa coabitazione: la liturgia della Chiesa universale abbraccia e per così dire «consacra» quella Carmelitana e a sua volta il Proprium dell’Ordine colora di nuove sfumature la liturgia universale e ne sottolinea così l’insondabile fecondità. Ancora una volta brilla la bellezza della cattolicità.