Arrivava in parlatorio negli orari più imprevisti, e rigorosamente senza preavviso. Zero preamboli – i convenevoli non erano il suo forte – ed entrava subito nella sostanza del discorso. Che poi si riduceva a un paio di concetti, ripetuti e martellati fino a che non si erano ben insediati nella nostra mente.

Le scabre e sintetiche conferenze del mitico Padre Dagnino – per contenuto, stile e anche mimica – avevano un che di unico, tanto è vero che le ricordiamo a distanza di decenni, come perle di sapienza e profondità.

Uno degli ultimi argomenti che ci propose fu l’estate. Proprio così. Prendendo spunto dalla stagione che in quel momento era ormai agli sgoccioli, ci disse che la contemplativa di razza (di razza, di razza, di razza, ripeteva come scavando ogni volta di più nel termine scelto) doveva trarre, anche dai dati del calendario, un motivo di orazione. Tutto passa… l’estate è ormai passata, il caldo è passato, le zanzare sono passate… le zanzare, le zanzare… Qualche sorella ricorda ancora la valenza quasi cosmica che in quel contesto assumevano le zanzare, biblicamente stagliate sul tempo che inghiotte ogni cosa e assurte a simbolo dell’umana caducità.

Insomma, se la contemplativa di razza potrebbe scrivere un trattatello persino sulle zanzare – argomento di solito ben poco gettonato per fini poetici e teologici – noi, che siamo apprendisti contemplativi, in virtù del nostro battesimo abbiamo il dovere di spremere almeno un buon pensiero dalla sovrabbondanza di bellezza che, covid permettendo, ci verrà offerta durante le vacanze. In questo esercizio abbiamo due maestre sulla cui razza non esistono dubbi, e abbastanza «moderne» per avere vissuto la condizione di turiste.

La prima è Santa Teresina, dai cui scritti si potrebbe persino trarre uno spin-off sulla valenza contemplativa del turismo. Ascoltiamo i suoi commenti sulla Svizzera: Quelle bellezze della natura sparse a profusione mi hanno fatto tanto bene all’anima, l’hanno elevata verso Colui che si è compiaciuto di gettare simili capolavori su una terra d’esilio che deve durare un giorno solo… Non avevo abbastanza occhi per guardare… Dopo aver aggiunto un’infinità di dettagli, perviene ad una specie di «actio»: Nel guardare tutte queste bellezze mi nascevano nell’anima pensieri tanto profondi […]e mi dicevo: quando al Carmelo non potrò contemplare altro che un piccolo angolo di Cielo stellato, mi ricorderò di quello che vedo oggi, e questo pensiero mi darà coraggio, dimenticherò facilmente i miei poveri piccoli interessi vedendo la grandezza e la potenza del Dio che voglio amare unicamente. Se ci meravigliamo nel considerare che questi pensieri fiorivano nel cuore di una quattordicenne, che dire allora delle sue riflessioni a proposito di un tramonto sul mare, fatte quando ancora non aveva sei anni ? La sera, nell’ora in cui il sole sembra immergersi nell’immensità dei flutti lasciandosi davanti un solco luminoso, contemplai a lungo quel solco, immagine della grazia che illumina il cammino e presi la decisione di non allontanare mai la mia anima dallo sguardo di Gesù, affinché voghi in pace verso la Patria dei Cieli!

L’altra turista con l’aureola è Elisabetta della Trinità, che dedicò un quadernetto alle sue escursioni nel Giura, fra cascate, baite e sentieri impervi. Interessante l’approccio: non esprime commenti «spirituali», ma preferisce descrizioni minutissime di paesaggi e montagne, oltre che di armoniose relazioni umane con la sua eletta compagnia di amici. Dio quasi non compare. Eppure lo si respira ad ogni riga: Elisabetta ne era così impregnata che lo lasciava trasparire da qualunque movimento o discorso. D’altronde l’osservazione attenta della bellezza è già in se stessa una attitudine contemplativa, che attira per affinità la Bellezza stessa, Dio: lasciarsi incantare da un paesaggio è spianare la strada a una possibile esperienza mistica.

Insomma, i compiti delle vacanze li abbiamo. Buona contemplazione.

Vacanze ed esercizi di contemplazione. Il materiale non ci manca…