Un appuntamento sempre gradito. È quello con Santa Scolastica, la cui liturgia ci propone, ogni 10 febbraio, una lettura (già vi accennammo qualche tempo fa) che si ispira ad un fatto storico, immerso però in un’atmosfera da Legenda Aurea. La Santa si reca all’appuntamento annuale con il fratello gemello San Benedetto per intrattenersi in santa conversazione, e lo supplica di rimanere oltre l’ora prevista, per parlare delle gioie celesti. Al vivace diniego di lui, ella poggiò le mani con le dita intrecciate sulla tavola e piegò la testa sulle mani per pregare il Signore onnipotente. Detto, fatto: all’istante scoppia un uragano furioso, che impedisce al santo abate e ai confratelli al seguito di rientrare in monastero. Scolastica, non contenta di quanto ha combinato, vi aggiunge pure una garbata ironia: Ecco, ho pregato te, e tu non hai voluto ascoltarmi; ho pregato il mio Dio e mi ha esaudita. Ora esci pure, se puoi; lasciami e torna al monastero. E l’autore del racconto – che è poi San Gregorio Magno in persona – chiosa saggiamente: Non fa meraviglia che Scolastica abbia avuto più potere del fratello. Siccome, secondo la parola di Giovanni, «Dio è amore», fu molto giusto che potesse di più colei che più amò. Questo dolce episodio ci parla del potere misterioso che Dio concede a chi lo ama, potere sul quale si fonda la dottrina cattolica dell’intercessione dei santi a nostro favore. Ma allora qual è la forma istituzionale del Paradiso? Certamente è una monarchia assoluta, visto che Dio è il Signore dei Signori e che tutte le cose gli sono sottomesse. E meno male che è così, aggiungiamo con un sospiro di sollievo. Ma è una monarchia speciale, dove il Padre sacrifica il proprio Figlio al posto nostro, ed è una monarchia dove sono i più piccoli, i più umili, i più dimenticati ad avere più facile accesso al trono del Re, magari con la facoltà inaudita di dargli ordini e di modificarne i disegni: insomma, una specie di mite dittatura del proletariato. E la democrazia? C’è posto anche per lei, se per democrazia intendiamo un’equa assegnazione di diritti e di doveri: e di fatto a tutti è data la possibilità della salvezza, come a tutti è chiesto l’impegno per accoglierla. Democraticamente. Ma se per democrazia intendiamo il classico potere alla maggioranza, allora le carte si scombinano. La verità non va a votazione. Dio, che pure è Signore anche dei numeri, e che nella natura ha impresso leggi matematiche di sublime bellezza – basti pensare ai misteri ancora insondati contenuti nella sezione aurea e nella serie di Fibonacci – quando si tratta delle anime bypassa le leggi da lui stesso volute. Al punto che il grande cardinale Van Thuan affermava con giocoso affetto che a un esame di matematica Gesù sarebbe stato probabilmente bocciato. Sì, perché per Lui, ad esempio, uno è maggiore di novantanove, come ci insegna la sollecitudine per la pecorella smarrita. Oppure cinque è divisibile per cinquemila, e con tanto di avanzo, come nella moltiplicazione dei pani. O ancora – roba da provocare una manifestazione sindacale – la moneta sottratta a chi ne aveva una sola va nelle tasche di chi ne aveva già dieci, mentre un’ora di lavoro è pagata quanto un’intera giornata. E sempre nella stessa linea è la reazione di Gesù nel commovente episodio della donna malata, quando, pigiato dalla folla da ogni lato, chiede all’improvviso chi mai lo abbia toccato. Mettendo così a dura prova il buon senso degli apostoli…

Qual è il significato profondo di questa logica nuova, dove le proporzioni seguono leggi così impreviste e dove l’uno sembra maggiore di ogni altro numero? Lo troviamo nell’indicibile amore con il quale Dio ci ha amati, un amore per cui ogni anima è un irripetibile unicum. Così irripetibile che tutte le altre anime messe assieme non la sostituiscono. Così irripetibile che – come diceva Papa Luciani – se Dio avesse una scrivania, ci troveremmo sopra il portafoto con il nostro ritratto.



Quello strano criterio di maggioranza dove uno conta più di novantanove.